Regolazione Emotiva

Questo perché il problema non è tanto provare felicità, ansia, rabbia, tristezza, vergogna o senso di colpa, quanto piuttosto il nostro modo di giudicarle e di reagire ad esse.
Il tipo di valutazione, infatti, determina il loro livello di intensità, durata e disagio.

Per esempio, se consideriamo sbagliato ed estremo provare rabbia, potremmo non esprimere ciò che sentiamo davanti a un’ingiustizia. In alternativa potremmo iniziare a rimuginare sull’accaduto, arrabbiandoci ancora di più.
Oppure, se non riusciamo a dare un significato o una giustificazione contestualizzata ai nostri tremori e alle nostre mani sudate poco prima di parlare in pubblico, potremmo giudicarci strani, vulnerabili o deboli.
Questo potrebbe condurci a cercare di calmarci con tutti gli sforzi ottenendo l’effetto contrario: un aumento delle sensazioni fisiche legate all’agitazione.

In definitiva non utilizziamo le abilità di regolazione emotiva. Tali difficoltà sembrano essere un terreno fertile per l’insorgenza di problematiche quali disturbi d’ansia, impulsività e aggressività patologiche, disturbi del comportamento alimentare, depressione, difficoltà relazionali e comportamenti autolesivi (Rathus e Miller, 2016).

Riprendendo gli esempi descritti sopra, imparare a regolare le nostre emozioni significa comprendere che esprimere rabbia non è sbagliato, ma è una naturale reazione davanti a un’ingiustizia. A contatto con essa possiamo comprendere che per noi è importante essere rispettati e che è opportuno trovare un modo per esprimere efficacemente i nostri diritti senza necessariamente aggredire il nostro interlocutore. Invece, in vista di un discorso in pubblico, possiamo riconoscere che è normale avere sudorazioni e tremori: sono sensazioni fisiche legate all’ansia, un’ emozione adattiva che ci aiuta a mantenere un buon livello di attenzione prima di una performance.