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Distorsioni Cognitive: gli occhiali che indossiamo per guardare il mondo

“Se il nostro pensiero si trova impantanato tra significati simbolici distorti, ragionamenti illogici e interpretazioni erronee, finiamo per diventare realmente ciechi e sordi.”

AARON BECK

 

Quando ci troviamo davanti a una decisione da prendere, una valutazione da fare, esprimere un’opinione o attribuire la causa a qualche evento, non sempre effettuiamo un’analisi accurata di tutte le variabili in gioco. Questo perché costerebbe troppo in termini di tempo ed energie. Figuriamoci poi quando queste valutazioni devono essere fatte nell’immediato. 

Proviamo a immaginare una gazzella che corre nella savana inseguita da un leone, mentre esegue calcoli di probabilità per identificare la migliore strategia di sopravvivenza. Ecco, mentre proviamo a immaginarla abbiamo quasi la certezza assoluta che è già stata mangiata.

La nostra mente, infatti e per fortuna, funziona anche grazie a un principio economico: cerca delle scorciatoie per giungere a delle conclusioni veloci così da non usare una logica ferrea in ogni situazione. 

Queste scorciatoie si chiamano euristiche cognitive  e alcune volte possono risultare davvero utili. Sono procedimenti mentali intuitivi e sbrigativi che permettono di costruire un’idea generica su un argomento senza effettuare troppi sforzi cognitivi (Kahneman e Frederick, 2002).

In sintesi sono mezzi comodi e rapidi estrapolati dalla realtà e da precedenti esperienze. Sono funzionali e ci aiutano a superare situazioni problematiche, trovare soluzioni, compromessi e gestire le emozioni negative.

Discorso diverso invece quello delle distorsioni cognitive. Come le prime sono automatiche e apprese con l’esperienza, ma non sono proprio funzionali. Questo perché ci forniscono una lettura distorta della realtà contribuendo al mantenimento della sofferenza emotiva.

Possono essere definite dei meccanismi automatici che fanno leggere le situazioni in modo estremo e senza sfumature di pensiero. 

Di seguito l’elenco delle più frequenti:

Pensiero dicotomico: le cose sono viste in termini di categorie mutualmente escludentisi senza gradi intermedi. Ad esempio, una situazione o è un successo oppure è un fallimento; se una situazione non è proprio perfetta allora è un completo fallimento (“o tutto o nulla”).

Ipergeneralizzazione: uno specifico evento è visto come caratteristica di vita in generale o globale piuttosto che come essere un evento tra tanti. Ad esempio, concludere che se qualcuno ha mostrato un atteggiamento negativo in una occasione, non considera poi le altre situazioni in cui ha avuto atteggiamenti più opportuni (“di tutta l’erba un fascio”).

Astrazione selettiva: un solo aspetto di una situazione complessa è il focus dell’attenzione, altri aspetti rilevanti della situazione sono ignorati. Ad esempio, focalizzare un commento negativo in un giudizio sul proprio lavoro trascurando altri commenti positivi (“bicchiere mezzo vuoto”).

Squalificare il lato positivo: le esperienze positive che sono in contrasto con la visione negativa sono trascurate sostenendo che non contano. Ad esempio, non credere a i commenti positivi degli amici e colleghi dubitando che dicano ciò solo per gentilezza (“ciò non conta nulla, conta di più…”).

Lettura del pensiero: un soggetto può sostenere che altri individui stiano formulando giudizi negativi ma senza alcuna prova evidente di ciò che afferma. Ad esempio, affermare di sapere che l’altro ci giudica male anche contro la rassicurazione di quest’ultimo (“ti ho già capito”).

Riferimento al destino: l’individuo reagisce come se le proprie aspettative negative sugli eventi futuri siano fatti già stabiliti. Ad esempio, il pensare che qualcuno lo abbandonerà, e che lo sa già, e agisce come se ciò fosse vero (“lo so già”). 

Catastrofizzare: gli eventi negativi che possono verificarsi sono trattati come intollerabili catastrofi piuttosto che essere visti in una prospettiva più pratica e moderata. Ad esempio, il disperarsi dopo una brutta figura come se fosse una catastrofe terribile e non come una situazione semplicemente imbarazzante e spiacevole (“è terribile se…).

Minimizzazione: le esperienze e le situazioni positive sono trattate come reali ma insignificanti. Ad esempio, il pensare che in una cosa si è positivi ma che essa non conta in confronto ad un’altra più importante (“niente conta veramente di quello che faccio”).

Ragionamento emotivo: considerare le reazioni emotive come reazioni strettamente attendibili della situazione reale. Ad esempio, concludere che siccome ci si sente sfiduciati, la situazione è senza speranza (“se mi sento così allora è vero”).

Doverizzazioni: l’uso di “dovrei”, “devo”, “bisogna”, si deve”, segnala la presenza di un atteggiamento rigido e tendente alla confusione tra “pretendere” e “desiderare”, e ciò è in diretta connessione con regole personali. Ad esempio, il pensare che un amico deve stimarci, perché bisogna stimare gli amici (“devo…”,”si dovrebbe…”,”gli altri devono…”).

Etichettamento: identificare qualcuno tramite una etichetta globale piuttosto che riferirsi a specifici eventi o azioni. Ad esempio, il pensare che si è un fallimento piuttosto che si è inadatti a fare una certa cosa (“è un…..”).

Personalizzazione: assumere che il soggetto stesso è la causa di un particolare evento quando, nei fatti, sono responsabili altri fattori. Ad esempio, considerare che una momentanea assenza di amicizie è il riflesso della propria inadeguatezza piuttosto che un caso (“è colpa mia se…”).

 

Ma perché può essere utile riconoscerle?

Le distorsioni cognitive sono modalità disfunzionali di interpretare le esperienze. Ci condizionano notevolmente e si caratterizzano per il processo e non per il contenuto (Beck, 2013). Ma cosa vuol dire?

Le distorsioni cognitive guidano l’attribuzione del significato che noi diamo e abbiamo della nostra vita. Non c’è un processo di autocritica o una valutazione soggettiva.

Infatti, non è tanto la situazione di per sé a determinare ciò che noi sentiamo, ma il modo in cui interpretiamo tale situazione. Sono i nostri pensieri a influenzare le emozioni che proviamo e i comportamenti che mettiamo in atto. Non seguono la logica alla quale il nostro cervello ricorre ogni giorno. Come ha evidenziato Beck, le distorsioni cognitive sono influenzate dall’umore e a loro volta lo influenzano intensamente.

 

Come possiamo riconoscerle? 

Innanzitutto può essere utile leggere attentamente l’elenco delle distorsioni e provare a riflettere se nella propria quotidianità si utilizzano queste modalità di pensiero. Successivamente ci possiamo aiutare mettendole in discussione, quindi cercare di guardare quanto più possibile ai fatti, senza saltare immediatamente alle conclusioni. Confrontarsi con gli altri, mettere in dubbio i propri pensieri e se necessario scriverli su un diario e rileggerli, per osservarli da un punto di vista più distaccato. 

Queste sono solo alcune brevi e semplici indicazioni.

Per maggiori approfondimenti un percorso di Psicoterapia a orientamento Cognitivo Comportamentale può aiutarti a identificare le distorsioni cognitive che utilizzi maggiormente, le distorsione alla base del disagio psicologico e a modificarle, sostituendole credenze ed euristiche maggiormente realistiche, elastiche e funzionali.

A cura della Dott.ssa Nicoletta Donadio

BIBLIOGRAFIA

Kahneman, D. & Frederick, S. (2002). Heuristics and Biases: The Psychology of Intuitive Judgement. Cambridge University Press.

Beck, J. (2013). La terapia cognitivo-comportamentale. Astrolabio