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“Ti immagini se…?”

 

L’ IMPATTO DELLE IMMAGINI MENTALI SUI NOSTRI VISSUTI EMOTIVI

 

Harry: Professore, è vero tutto questo? O sta accadendo dentro la mia testa? 

Silente: Certo che sta accadendo dentro la tua testa, Harry!  Dovrebbe voler dire che non è vero?

(J.K. Rowling)

 

In alcuni momenti della nostra vita tendiamo a immaginare determinate situazioni e, come esseri umani, siamo in grado di proiettarci mentalmente nel passato o nel futuro. Infatti, alcuni nostri pensieri a volte si presentano sotto forma di scenari mentali, ricordi o sogni a occhi aperti. Per esempio, potremmo pensare di non essere in grado di affrontare una nuova situazione visualizzando mentalmente  noi stessi in difficoltà. O potremmo ricordarci in modo vivido di un momento in cui non siamo riusciti per diverse ragioni a esprimere un nostro bisogno o una nostra idea a una persona a noi vicino.

Un aspetto rilevante è che l’ immaginazione mentale (Imagery o Mental Imagery) sembra avere un maggiore impatto sulle nostre emozioni rispetto all’elaborazione verbale, ovvero, immaginarsi un evento temuto evoca emozioni più intense rispetto che a parlarne solamente (Dadds et al., 1997; 2004). Alcuni studi evidenziano infatti che, le aree cerebrali implicate nelle esperienze emotive come la paura, risultano essere più sensibili agli stimoli rappresentabili in forma percettiva, per esempio quella visiva. Inoltre, è stato riscontrato che immaginarsi stimoli emotivi attiva le medesime aree cerebrali coinvolte nella percezione visiva primaria, evocando reazioni identiche a quelle provocate da una percezione reale (Kosslyn et al., 2001).

Date queste premesse, é dunque normale talvolta immaginarci scenari negativi e sperimentare determinate reazioni emotive, come è altrettanto comprensibile ricorrere ad alcune nostre strategie per gestire tali vissuti interni. L’immaginazione, infatti, aumenta la percezione soggettiva della probabilità che un evento ha di verificarsi, o la probabilità di agire in linea con l’evento immaginato (Hackmann et al., 2018). Per esempio, se immaginiamo che una persona ci possa giudicare negativamente, potremmo evitare di esprimere ciò che pensiamo.

Tuttavia, risulta importante introdurre il concetto di “immagine mentale positiva”. Tale termine riflette quell’insieme di abilità che orientano a esplorare in immaginazione nuovi modi di essere. Abbiamo infatti la capacità di smontare e rimontare delle scene di vita vissuta per identificare gli obiettivi, le azioni più adatte per raggiungerli e trovare strategie di regolazione delle nostre emozioni durante situazioni difficili (Scarinci e Brunori, 2018). Cosa accadrebbe se ci immaginassimo sicuri nell’affermare un nostro bisogno considerando normale sperimentare in alcune circostanze un certo grado di disagio di fronte al nostro interlocutore ? Potrebbe avere un certo impatto sulle nostre azioni e sulla realtà? Se stiamo vivendo un momento difficile della nostra vita, immaginiamo per un momento di visualizzare noi stessi tra un anno, soddisfatti degli obiettivi che abbiamo raggiunto: se ci dovessimo vedere dall’esterno, come sarebbe il nostro volto, la nostra postura o il nostro modo di interagire con gli altri? Cosa potremmo aver fatto di diverso per essere sereni?

Attraverso la simulazione mentale abbiamo la possibilità di riprodurre eventi passati per capire come si sarebbe potuto agire diversamente o futuri per esplorare come potersi comportare in situazioni diverse, acquisendo nuovi significati su noi stessi e su alcune nostre esperienze. È ormai noto che visualizzarsi mentre si eseguono delle attività con competenza accresce la percezione di poterle mettere in atto più efficacemente (Hackmann et al., 2018). Tali dati provengono soprattutto nell’ambito della Psicologia dello Sport: nelle attività sportive avvalersi dell’immaginazione motoria risulta d’aiuto per gli atleti nell’eseguire un movimento e/o comprendere quali emozioni potrebbe sperimentare durante una gara al fine di gestire al meglio la prestazione. Oltre alla similarità con la percezione visiva reale precedentemente descritta, l’immaginazione è inoltre coinvolta nella pianificazione pre-motoria: le aree del cervello che preparano i nostri muscoli all’azione si accendono come se stessimo davvero svolgendo un’azione reale. La letteratura infatti sostiene che vi sia sincronicità tra allenamento reale e immaginato, essendo presente un’ attivazione cerebrale uguale sia per movimenti immaginati sia per quelli realmente messi in atto.

Anche nell’ambito psicologico e psicoterapico l’utilizzo delle tecniche immaginative risulta essere rilevante. In particolare, merita attenzione l’Imagery Rescripting, una tecnica evidence-based che consiste nel far rivivere alla persona determinate situazioni difficili: per esempio, una critica subita da parte di qualcuno, un episodio di abbandono o un momento in cui non si è sentita libera di esprimere un proprio bisogno o di svolgere un’azione. Successivamente, con l’aiuto del professionista la persona riscrive in immaginazione l’evento al fine di sviluppare nuove prospettive su di sè e sull’accaduto e nuovi piani di azione. È importante sottolineare che l’Imagery Rescripting non ha lo scopo di modificare il passato, ma i significati associati ad esso. In base a determinate esperienze di vita, per esempio, potremmo aver appreso visioni di noi stessi come colpevoli, cattivi, sbagliati, le quali, talvolta, potrebbero palesarsi ancora adesso nelle situazioni presenti. Attraverso tale tecnica, da una parte, la persona potrebbe comprendere che era la situazione ad essere sbagliata e non lei stessa. Dall’altra, l’Imagery Rescripting favorirebbe la consapevolezza dei propri sentimenti e bisogni nonché l’apprendimento e l’esplorazione di nuove modalità per potersene prendere cura.

 

A cura del Dott. Filippo Gazzaniga

 

Bibliografia

  • Hackmann  A., Bennet-Levy J., Holmes E.A. (2018). Le Tecniche Immaginative in Terapia Cognitiva. Centro Studi Erickson. 
  • Scarinci A., Brunori G. (2018). Emozioni. Manuale di auto aiuto per conoscere e regolare gli stati emotivi. EPC Editore.
  • Beck J. (2013). La terapia cognitivo comportamentale. Astrolabio.
  • Arntz A., Van Genderen H. (2011). La Schema Therapy per il disturbo borderline di personalità. Raffaele Cortina.